domenica 30 novembre 2008

Il pentapartito, il benessere e il progresso




Oggi scrive sul blog Marco Galice. la sua è un'accurata e personale analisi storica su alcuni aspetti del nostro paese



Il Presidente Berlusconi, si sa, è persona di travolgente e irrefrenabile ironia. E così qualche giorno fa, dal palco di un comizio elettorale in Abruzzo, ha voluto far sfoggio nuovamente della sua proverbiale capacità comica: “Nel 1994 la magistratura iniziò un'azione rivolta verso i cinque partiti democratici che, pur con molti errori, erano riusciti a garantire per 50 anni benessere e progresso".
Una battuta di quelle che fanno davvero sbellicare dalla risate, forse più del cucù alla Merkel. Ma su cui, casomai avesse invece pronunciato queste parole seriamente, vale la pena spendere qualche riflessione.
La prima riguarda l’errore e la confusione storica madornale di Berlusconi quando riconduce il benessere e il progresso garantiti all’Italia per 50 anni ai “cinque partiti democratici”, meglio noti come “pentapartito”, anziché, come invece è accaduto, al sistema istituzionale italiano fondato sulla Repubblica e la Democrazia. Sono queste infatti che hanno garantito benessere e progresso e non il contrario. Perché proprio da un sistema politico che ha visto chiaramente protagonisti, responsabili o comunque conniventi molti uomini di quei “cinque partiti democratici” si sono generati tanti di quei mali hanno messo fortemente in discussione questo “benessere” e questo “progresso”.
Non è un’eresia, infatti, ipotizzare ad esempio che le tante stragi di Stato (Italicus, piazza Fontana, piazza della Loggia, stazione di Bologna ecc) siano state successivamente coperte o insabbiate da uomini molto vicini se non organici ai “cinque partiti democratici”, così come non è un’eresia ipotizzare che dietro all’organizzazione clandestina Gladio, voluta per contrastare l’espansione anche democratica del comunismo in Italia, si celassero sempre uomini dei “cinque partiti democratici”. E’ invece un fatto accertato che alla loggia massonica P2, che teorizzava una evidente sovversione dell'assetto socio-politico-istituzionale, hanno aderito fior di politici dei “cinque partiti democratici”, oltre che, ma guarda un po’, lo stesso Silvio Berlusconi.
E’ un fatto accertato che la criminalità organizzata, e in particolare la mafia, ha avuto stretti legami di connivenza con numerosi esponenti dei “cinque partiti democratici”, come dimostrano in particolare le vicende dei vari Salvo Lima e Vito Ciancimino. La magistratura ha anche accertato che lo stesso Giulio Andreotti, pluri-presidente del Consiglio italiano, prima degli anni 80 ha avuto collusioni con la mafia siciliana ma, come noto, l’attuale senatore a vita non è stato condannato poiché il reato è caduto in prescrizione.
E’ un fatto ancora più accertato che, soprattutto negli anni ’80, i “cinque partiti democratici” hanno introdotto in Italia, a tutti i livelli istituzionali, una pratica politica basata sull’illegalità e la corruzione, attraverso l’ormai famigerato uso delle tangenti accertato dalla magistratura, in primis dal Pool di Mani pulite, attraverso sentenze ormai definitive. E’ un fatto ormai accertato che proprio questa corruzione e un sistema politico incontrollato hanno generato negli anni ’80 quel pauroso deficit dello Stato che ancora oggi ci portiamo dietro e che ha avuto per responsabili principali Governi e Ministri dei “cinque partiti democratici” a cui aderivano, direttamente o indirettamente, la stragrande maggioranza degli attuali deputati e dirigenti di Forza Italia e una consistente parte di quelli di Alleanza nazionale. Lo stesso Berlusconi, forse per pudore, difficilmente per riservatezza, non ha mai voluto dichiarare per quali partiti abbia votato fino a prima della sua discesa in politica nel 1994; è arduo pensare tuttavia che abbia votato per il Partito comunista. Le leggi del Governo Craxi a favore delle sue emittenti televisive sono in ogni caso fatti più che noti.
Tre, a mio avviso, le considerazioni finali. Guai a omologare gli “errori”, come riconosciuto dallo stesso Berlusconi, di vari esponenti dei “cinque partiti democratici” con l’onestà, la passione e l’impegno profusi per il bene del Paese da dirigenti ed attivisti di quegli stessi partiti. Guai a considerare i “cinque partiti democratici” esenti da pesanti responsabilità su tutti quei fatti che hanno messo seriamente in discussione “il benessere e il progresso” dell’Italia. Guai a ritenere che chi ha voluto contrastare quelle storture, quella corruzione, quella degenerazione antitetiche alla Democrazia sorte all’interno di quei “cinque partiti democratici” non abbia reso un servizio al Paese e non abbia contribuito fortemente al suo “benessere” e al suo “progresso”. Perché in caso contrario il parallelo storico con tutte le peggiori forme di dittatura consumatesi nel mondo, in cui la magistratura è stata ritenuta un organo destabilizzante da imbavagliare, sarebbe assolutamente innegabile.

Marco Galice

mercoledì 26 novembre 2008

AD OGNUNO IL SUO CROCIFISSO



Di questi giorni la decisione di un tribunale spagnolo che proibisce l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. Il nostro Furio ci espone il caso e ci illustra la sua opinione in merito.


Un giudice del Tribunale di Vallalolid, Spagna, proibisce l’esposizione del crocifisso nelle aule e nei luoghi comuni di una scuola pubblica,imponendone la rimozione. “Libertà di religione e di culto, carattere laico e neutrale dello Stato”, questa la motivazione del provvedimento. E la polemica si riapre anche in Italia riproponendo antiche divisioni tra laicisti,laici e clericali.

Un approccio al problema che tenga conto della pluralità delle credenze e dei culti porta a due strade, entrambe percorribili e percorse: quella del laicismo, cioè proibire l’esposizione di tutti i simboli religiosi ( dallo Chador al Bourka, dal Foulard al Crocifisso); quella della laicità, cioè consentire a tutti di manifestare liberamente il proprio credo in un’ottica di rispetto reciproco.

Ma per amore della coerenza non se ne può considerare una terza ( che taluni laicisti pure percorrono) che calpesti le religioni tradizionali invocando una interpretazione ampia della laicità solo per i culti minoritari.

Eppure io, cattolico, non mi sento minimamente offeso quando incontro una ragazza col volto coperto dal Hijab, o dal fatto che la mia università riconosca festività ebraiche o di altre religioni. Mi  sarei sentito offeso invece a non vedere nella mia aula alle elementari il Crocifisso così come sarei stato al fianco di una ragazza islamica se le avessero proibito di entrare in classe per via del suo Bourka.

Potrebbe allora sostenersi che nessuno proibisce di portare con sé un crocifisso, altra cosa invece è l’ esposizione in una scuola pubblica. Quasi l’intangibilità dell’aggettivo pubblico, qualcosa che per rendersi super partes deve per forza essere privo di colore, di lineamenti, di forma. Ma così non è. Il pubblico è sì super partes ma è anche lo specchio di una società con i suoi costumi, i suoi usi, la sua storia. E una religione è parte integrante della cultura di un popolo.

La fede è amica dell’uomo, parte di sé e la storia non molto lontana ( per es. Urss) è testimone del fallimento dei regimi che hanno provato ad annientare un credo e a ridurlo a fenomeno puramente interiore.

Oggi i tempi per una “nuova  costruzione degli Stati Uniti d’America ” sono maturi. La globalizzazione porta con sé troppo spesso arrivismo e individualismo. Uno Stato che voglia affrontarla senza limitarsi agli aspetti meramente economici ha bisogno di coinvolgere anche le religioni nella costruzione di un humus di valori dei quali il rispetto sia la premessa e la solidarietà il punto d’arrivo.

lunedì 24 novembre 2008

"Ora posso comunicare più chiaramente: sono muto!"





L'intervento di oggi riguarda la posizione di Antonio Di Pietro nei confronti del primo ministro Berlusconi. Giuseppe Campagna l'analizza con occhio molto critico.



Uno, due, tre...punto e a capo!
...Eccoci ancora una volta a doverci scontrare con l'ennesimo increscioso caso che fa assurgere a protagonisti assoluti del dispiegarsi settimanale pensieri e parole che, se posti su una qualsiasi bilancia anche tarata così incredibilmente di tanto al di sotto dell'esatta unità di misura, non potrebbero risultare diversamente dall'esser macigni! Un fardello così grande quanto, a parer mio, grave...ai limiti del triviale! Frasi queste che, anche se di certo da tanti più volte espresse nel corso di pomeriggi trascorsi a disquisir di tutto e di nulla in piacevole compagnia, oppure più semplicemente da molti fatte proprie seppur magari -causa la loro valenza e severità- mai apertamente pronunciate, in ogni caso MAI potrebbero comunque trovare fondamento di legittimazione per una loro pubblica dichiarazione in questa collettiva e numerosa condivisione da parte di buona fetta del sentimento popolare.
Espressioni troppo, sin troppo forti. Parole simbolicamente ben più taglienti di lame affilatissime; parole che, per il loro significato, i risvolti, i ricordi e le immagini che evocano e cui rimandano, risultano letali al pari di obici pronti ad esser esplosi per la già premeditata carneficina.
E sì...perchè di violenza o quanto meno di azzardato, gratuito ed irresponsabile attacco dialettico, al confine con l'ingiuria, trattasi se ci si riferisce allo "slogan" con cui l'On.Di Pietro ha sibillinamente aggettivato il Primo Ministro: "Berlusconi è un nazista...il Cavaliere, nei confronti dei suoi avversari, si comporta come Hitler..". Questi i titoloni sulle prime pagine dei giornali nazionali e sui più importanti quotidiani stranieri; queste le parole riproposte da tutti i network e mezzi di informazione televisivi europei e non solo.
Che figura! Che figuraccia! E' imbarazzante pensare alla guerra mediatica mossa dal leader dell'Italia dei Valori contro il nostro, il SUO, Presidente del Consiglio. Una battaglia condotta con mezzi ed armi tanto improprie quanto nocive per l'immagine e la dignità del Paese.
E' la lotta dell'incoscienza. Potrà sembrare eccessivo -e sicuramente davvero lo è, a parer mio- ma non ci sarebbe da stupirsi se, in questo clima acceso di tensione,  si etichettassero le parole incriminate quali estrinsecazione di una sorta di "terrorismo della parola"!
Già, perchè è davvero inspiegabile di per sè l'utilizzo di una simile terminologia; diventa imbarazzante nel considerare che per il brillante artefice di simile stigmatizzabile frasario (che voglio ancora una volta ricordare essere un Onorevole della Repubblica) ciò sia stato possibile ed in modo così naturale senza pensare neppure al carico immenso ed immane che quell'epiteto avrebbe inesorabilmente portato con sè nel qualificare il suo destinatario. Un oltraggio -dirò di più- non soltanto diretto al Premier, infelicemente accomunato ad una figura che terrore, morte e follia immediatamente sussurra al pensiero di quanti odono il nome del Fuhrer, ma anche, penso, rivolto di riflesso ai cittadini italiani tutti (lui stesso compreso!!) che vengono dall'ex P.M. equiparati a sudditi impotenti in balìa delle voglie illusionistiche e megalomani di un Reich, oggi "tricolore", dal quale si è intrappolati, inermi, con le catene della paura silente e dell'impotenza!
Il tutto è francamente inaccettabile. Inaccettabile è l'accusa di un rappresentante del popolo nei riguardi di un qualunque soggetto, sia esso privato che pubblico, quando questa risulta carica di strascichi, effetti e logiche accezioni che, esulando da ogni norma di sensata civiltà ed educazione, sconfinano addirittura nell'universo in cui il buon gusto ed il rispetto nei confronti delle Istituzioni e, conseguenzialmente, dell'elettorato attivo che da quest'ultimo è amministrato per suo maggioritario mandato, cedono il posto alla condotta scriteriata unitamente alla mera offesa ad personam.
Invettiva questa che se probabilmente vendicativa (frutto presente di passate promesse o proposte sfumate nel tempo perchè, seppur tanto sperate, mai viste poi concretizzarsi), sicuramente nell'odierno è spinta da invidia, insoddisfazione e bramosia di protagonismo. Infatti pesa e molto -e non faccio fatica a crederlo- all'On. molisano, l'esser inquadrato dalle telecamere dei vari notiziari nazionali e stranieri mentre assieme ai propri fedelissimi si è costretti ad occupare le -quantitativamente, a dirla tutta, ben poche- poltrone del settore riservato in Parlamento ai gruppi politici di minoranza, preso da un lato da una irrefrenabile smania d'esser sempre e comunque la voce fuori dal coro e, contemporaneamente, sempre intento dall'altro ad affascinare, ammaliandoli con i propri canti, i timpani di quanti solo pochi mesi or sono gli si affiancavano sostenedo il suo simbolo nella corsa elettorale e che, invece, ora non si lasciano più sedurre dalle note di questa confusionaria ed indisponente "novella sirena", essendo quasi costretti a rifiutarle per i continui imbarazzi e gli scompigli che puntualmente il vecchio ed oggi disconosciuto alleato riesce a creare con puntuale ciclicità settimanale!
Non si può parlare, riferendosi al caso in esame, di semplice caduta di stile! Neppure di ennesima "gaffe" di quello che può tranquillamente annoverarsi tra i protagonisti del pool di Mani Pulite!
Il mio augurio è che il simpatico e vulcanico Antonio possa aver esternato simili suoi pensieri, semplicemente perchè ancora impegnato in uno dei tanti suoi compiti ammaliatori; perchè reduce dall'ennesima sua impresa fatidica che lo fa, armato di bastone e di carota, assurgere ancora una volta a protagonista di scazzottate e riappacificazioni subitanee con gli amici-nemici del PD. Preferisco pensare che le sue parole siano state proferite in uno stato di stanchezza e appannamento! Solo così riuscirei a frenare il mio sdegno, o almeno tenterei di farlo: solo così potrei forse pensare di addolcire l'idea amarissima che ho maturato nei suoi riguardi.
Che le parole possano sempre esser soppesate!
Che le frasi non divengano armi di distruzione e gratuito accanimento!

Mi auguro quindi che l'ex Ministro delle Infrastrutture possa proporsi, grazie a redenzione derivante da pronte ed opportune pubbliche scuse, carismatico leader di un movimento politico che non richiami soltanto nel suo simbolo e nel proprio nome identificativo il mero concetto dei "Valori", ma che, in vero, possa concretamente prevedere questi ultimi quale progetto cui aspirare e da cui esser illuminato.

sabato 22 novembre 2008

Immigrazione all'italiana




Tra gli autori di Ragioni Italiane da oggi si aggiunge Marco Galice e questo è motivo d'orgoglio. Attivo da anni nella vita politica nonostante la sua giovane età. Affronta oggi il problema dell'immigrazione criticando le scelte del governo. 



Parliamo del terzo articolo del decreto  legge n. 151/2008, ovvero alle misure per fronteggiare l'immigrazione clandestina e allo stanziamento di significative misure per l'ampliamento e la nuova realizzazione di centri di accoglienza e di identificazione. La prima considerazione naturale che mi viene da fare è la seguente: ma se oggi ci troviamo nella condizione di dover realizzare nuovi centri di accoglienza il decreto Maroni sulla sicurezza e soprattutto l'infallibile legge Bossi-Fini non hanno forse fallito? Questa legge 51 è la più plateale sconfessione delle politiche della destra sull'immigrazione, è un clamoroso autogol che, con la strategia del decreto legge che tende a smorzare i tempi di dialogo e discussione, hanno cercato di nascondere all'opinione pubblica ma oggi  è bene prenderne atto. Non è un caso, per quanto i telegiornali devoti al premier lo nascondano mandando in onda servizi su minigonne e rifugiati nelle varie isole di pseudo - famosi, che gli sbarchi di immigrati clandestini stanno continuando, come e più di prima. Ammetteranno prima o poi il fallimento o continueranno a nascondere la testa sotto la sabbia promuovendo decreti legge che vogliono falsamente convincere gli italiani che hanno il polso duro e la situazione sotto controllo? Anche in questo caso il ragionamento contorto che ha ispirato le “misure urgenti” è deleterio e finisce a mio avviso in un vicolo cieco: si continuano a produrre leggi e a stanziare fondi nel nostro Paese quando non si capisce che è nei Paesi da cui arrivano gli immigrati che si deve intervenire. E' lì che servono investimenti, risorse, progetti, strategie da parte del nostro Governo, perché nessun clandestino che muore di fame nella sua terra si farà spaventare da una Bossi-Fini di cui probabilmente non conosce nemmeno il significato o da nuove “misure urgenti” adottate a raffica dal nostro Governo. Chi di noi, nelle drammatiche condizioni in cui vediamo questi immigrati abbandonare il loro Paese, non tenterebbe comunque un ingresso clandestino, in barba a qualunque legge, pur di trovare la sua sopravvivenza e quella dei suoi figli? E' per questo che occorre cambiare non le nostre leggi sul reato di clandestinità, ma le condizioni drammatiche in cui gli immigrati vivono nei loro paesi. E noi come lo facciamo? La risposta, eloquente, sta tutta nel taglio di circa 300 milioni di euro disposto dall'ineffabile Ministro Tremonti per la cooperazione internazionale e gli aiuti ai Paesi poveri, con la riduzione di tali somme allo scandaloso 0,1% del Pil. Provvedimento che parla da solo sulla miopia politica di questo Governo e su cui non intendo aggiungere altro. Voglio invece aggiungere un altro esempio di come questo Governo e soprattutto il Presidente Berlusconi hanno ben concepito l'importanza di aiutare dal proprio interno quei paesi da cui in maggior numero provengono gli immigrati clandestini. Un fatto passato sotto silenzio nei suoi reali contenuti e ovviamente distorto in modo vergognoso dai mezzi mediatici controllati dal nostro premier: mi riferisco agli accordi siglati a settembre con il Colonnello Gheddafi per cercare finalmente di risolvere le nostre responsabilità coloniali nella Libia. Chi è riuscito a vedere qualche telegiornale non ancora controllato dal Presidente Berlusconi ha potuto constatare come i presunti maggiori controlli della polizia libica sulle partenze dei clandestini dalle loro coste sono stati smentiti nei giorni immediatamente successivi all'accordo dai nuovi sbarchi a Lampedusa; questo probabilmente perché la maggior parte dei cospicui fondi governativi previsti per chiudere i conti col nostro passato coloniale, ben 5 miliardi di euro in 25 anni, non verranno indirizzati per supporti strategici e militari alle forze dell'ordine libiche o a strutture scolastiche o sanitarie per il miglioramento della qualità della vita della popolazione, ma come sapete tutti alla realizzazione di infrastrutture e opere di modernizzazione nella Libia. Opere che però saranno realizzate da grandi imprese italiane, magari le stesse che hanno finanziato la campagna elettorale di Berlusconi e che oggi hanno trovato l'atteso ringraziamento del Premier, per giunta indorato da un alone mediatico umanitario. In pratica Berlusconi ha deciso di utilizzare milioni di euro del nostro Stato per far arricchire i suoi amici imprenditori attraverso opere da realizzare in Libia con manodopera che costerà la metà di quello che costerebbe loro in Italia. E con quale vantaggio per il nostro Paese? Con quale strategia per il contrasto all'immigrazione clandestina proveniente dalla Libia? Con quale reale beneficio per il miglioramento delle condizioni di vita dei libici? Niente di niente. Noi nel nostro profondo ci vergogniamo ma sappiamo bene che è questa la concezione di politica internazionale e di immigrazione del centrodestra, che arriva anche a speculare come in Libia sulla povertà della gente senza alcuna soluzione reale e a lungo termine per il drammatico problema dei clandestini. Tanto che poi si trova costretto ad incrementare le risorse per i centri di accoglienza perché il numero di sbarchi clandestini aumenta. Anzi. A dire il vero dal centrodestra alcune soluzioni sembrano essere arrivate: sono le scimmiottesche proposte di Bossi e dei suoi accoliti di bloccare per due anni gli ingressi degli immigrati e far pagare le spese di pronto soccorso e ricovero agli stranieri irregolari, forse per recuperare i soldi spesi nei centri di accoglienza. Proposte inqualificabili che bene ha fatto il Presidente della Repubblica a deprecare e su cui il Popolo delle presunte Libertà sarebbe bene che prendesse adeguatamente le distanze anziché, come avviene ogni volta di fronte a boutade della Lega, sdrammatizzarle e ricondurle a ironici capricci di qualche isolato Ministro.

giovedì 20 novembre 2008

E GIOVE CI IMPOSE DUE BISACCE



Oggi Amalia Stovanni ci da la sua personalissima idea sulla vicenda Carfagna-Guzzanti. La figura del ministro è stata al centro di numerossisime critiche soprattutto dopo le dure parole della comica.


“Giove ci impose due bisacce: ci mise dietro quella piena dei nostri difetti e davanti, sul petto, quella con i difetti degli altri. Perciò non possiamo scorgere i nostri difetti e, non appena gli altri sbagliano, siamo pronti a biasimarli” (Fedro)

 

Ho deciso di rendervi partecipi della mia riflessione, dopo aver seguito –tramite internet e media in generale – le diatribe comico\satirico\politiche a cui alcuni componenti della famiglia Guzzanti hanno dato vita in questi mesi; non sono passati inosservati alla mia attenzione il blog del Senatore Paolo Guzzanti , gli interventi di sua figlia Sabina al no cav day di luglio, nonché il suo tour dello spettacolo satirico “Vilipendio” - che si sta svolgendo tutto’ora – a braccetto con gli interventi in giro nelle università italiane.

Prima di farvi da guida nel breve excursus che vi sto proponendo facciamo un passo indietro, un po’ di storia.

 

Sabina Guzzanti – Roma 1963 – è una comica e macchiettista cresciuta in programmi satirici italiani degli anni ’90: celeberrime e irriverenti le sue imitazioni che spaziano dai vip alla politica: Valeria Marini, Moana Pozzi, Cheguevara, D’Alema, Berlusconi; buddista e politicamente schierata a sinistra, Sabina negli anni riesce a riscuotere buoni consensi di pubblico come attrice teatrale,un po’ meno in campo cinematografico dove esordisce alla regia col narcisistico e malriuscito “Bimba” (2001), il più brillante e ben accolto “Viva Zapatero!”(2005) e ultimo nato “Le ragioni dell’aragosta”, flop ai botteghini che va ad aggiungersi al fiasco di titoli come “Troppo sole” e “Night Club” di cui Sabina fu interprete sempre negli anni ‘90.

 

Tralasciando ora i dati di botteghino -che esulano dal giudizio di qualità sul prodotto che un artista può presentarci – serpeggia in me la convinzione che l’oggetto della mia indagine in realtà stia cominciando a perdere colpi dal punto di vista intellettuale, autotrascinandosi  in una spirale di falsi moralismi e cattivo gusto.

La figlia di Paolo Guzzanti “si ciba” degli elogi del suo pubblico,come il drogato si “nutre” delle le sue dose per evitare gli incubi provocati dalle crisi di astinenza,in un crescendo di sensazioni adrenaliniche e deliri che sempre meno hanno a che spartire con la consapevolezza della realtà.

 

Forse già nel 2002 - con “Giuro di dire la verità” - Sabrina cominciò a prendere coscienza di quanto potesse piacerle un vizio simile quando sul palco impersonò Oriana Fallaci.

Prendendosi gioco della terribile piaga che lentamente portò la scrittrice alla morte, rappresentò Oriana come una SS e rispose grottescamente a uno spettatore –sempre parodiandola - con parole che ormai tutti sappiamo.

 

Ma Sabina Guzzanti non si ferma: la paura di provocarsi una crisi d’astinenza è più forte di ogni altra cosa:

nel luglio di quest’anno incitata dagli applausi di migliaia di persone Sabina spara pallottole al vetriolo verso Chiesa, Pontefice, governo Berlusconi, il ministro Mara Carfagna con un repertorio di gesti ed espressioni che hanno riportato la mia mente –e non solo la mia- ai discorsi del balcone di Palazzo Venezia con cui Benito Mussolini infiammava il popolo assoggettato alla sua dittatura:un’Italia ancora provata dalla penalizzante situazione economico-sociale che la prima guerra mondiale le lasciò in eredità e che fu terreno ideale per l’instaurazione di un regime dittatoriale.

 

Per  cercare di capire dove la mia critica volge cito ora Ambrogio Crespi da un articolo del suo Blog(www.clandestinoweb.com): “Opporsi a Berlusconi o non condividerne i metodi è un fatto legittimo […]ma se il nemico politico è Berlusconi  perché si deve essere così ignobili da gettare fango su altri per raggiungere il proprio scopo?”

 

Sabina si è costruita un apparato pronto a sorreggere le sue calunnie, il suo finto moralismo ,la sua invidia  e il suo razzismo nei confronti di una donna che meriterebbe di essere attaccata sul piano politico- trattasi di Ministro – invece che su quello della camera da letto.

Dove sono queste intercettazioni?

Me le dia “signora” Sabina,voglio leggerle, voglio aiutarla a giustificare il suo malcelato astio nei confronti di una donna bella,giovane e di cultura che – alla luce dei fatti, quelli documentabili -sta facendo il suo lavoro né più né meno dei suoi colleghi di governo.

Carfagna meriterebbe solo ed esclusivamente attacchi su questo piano, affondare di sciabola verso l’avversario con stoccate pregne di malignità denota solo l’invidia che Guzzanti prova nei confronti di una donna che ha potuto permettersi di fare un calendario:quasi a voler legittimare maschilisticamente l’equazione che una donna bella sia necessariamente una  donna stupida, per passare poi al più pesante sillogismo che la stupidità porti ad essere meretrici.

Sabina gira per le università italiane parlando ai giovani di dialogo e non violenza.

Dialogo e non violenza,questi sconosciuti.

Le colpe morali di cui Sabina Guzzanti si sta macchiando sono gravi , e mi chiedo come sarà dipinta agli occhi dei posteri quando di lei (come di noi)non resterà piu nulla:

Era una comica?Una Povera di Spirito?Una simpatica macchiettista?Una cattiva maestra?Una brillante attrice?Un’invidiosa?

Ma soprattutto riuscirà la nostra eroina(bel giuochetto di parole) a uscire da questa spirale riuscendo ad avere la sua prima, vera,crisi d’astinenza che la porterà alla consapevolezza di tutti i suoi errori?

 Io aspetto, magari si potrebbe fare ancora in tempo a mettere insieme i cocci di una carriera artistica che fino a pochi anni fa era di tutto rispetto. Forza, Sabina.

 

 

Amalia Stovanni

 

martedì 18 novembre 2008

OBAMA E LA VITTORIA DELL’IDEALISMO



Nuovo post sull'argomento principale di queste settimane: Barack Obama. Dopo aver sentito un'opinione di destra sentiamo un'altra campana, quella opposta. Tocca a Marco Piccoli illustrare la sua opinione sulle prove che dovrà affrontare il presidente degli Stati Uniti in pectore



“Se ancora c'è qualcuno che dubita che l'America non sia un luogo nel quale nulla è impossibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è tuttora vivo in questa nostra epoca, che ancora mette in dubbio il potere della nostra democrazia, questa notte ha avuto le risposte che cercava.”

(Barack Obama, presidente designato degli Stati Uniti, discorso di celebrazione della vittoria elettorale)

Esordisce così, Barack Obama, nel suo primo discorso da leader degli USA.

Parole in grado di acuire la fermezza delle posizioni, delle formae mentis più diverse.

Da una parte, delineando forse un po’ sommariamente in due grandi categorie l’approccio di un individuo o di un elettore ad una netta soluzione di continuità, lo schietto pragmatismo del “Meno parole, più fatti.”

E dall’altra lo slancio di ciò che viene grossolanamente definito “idealismo”. Forse questa bipartizione è anche utile come vademecum nel discernere sul peso che una frase come quella del nostro premier sull’ “abbronzatura” di Obama (no comment..) può avere o meno.

Il secondo ordine di idee (in cui si riconosce chi scrive) parte dalla considerazione di quei dati, ritenuti per alcuni solo suggestivi orpelli, e non connotati fondanti la forza o la debolezza di una leadership (tra cui la razza di appartenenza), come diretti contenuti, elementi viventi di tangibile importanza.

Su questo è interessante notare il plauso mondiale che la vittoria di Obama ha riscosso.

Difficile, se non impossibile, individuare un ristretto spettro di concause di questo plebiscito. Tra di esse altrettanto difficile non inserire i disastrosi otto anni dell’amministrazione Bush, scanditi da un unilateralismo ad oltranza non solo in politica estera (si pensi al Protocollo di Kyoto) e da una discutibilissima politica finanziaria, a detta di molti analisti causa diretta della crisi in corso.

Tale plauso ha sicuramente una forte componente mediatica: un presidente nero, giovane, laureato ad Harvard porta con sé una carica di novità anche solamente apparente che non può non colpire.

Ma si comprende la ragione di un tale successo esaminando complessivamente la vicenda delle elezioni appena tenutesi, e del confronto sul piano dei contenuti tra i due candidati, che all’indomani delle votazioni hanno dato una lezione di stile e di cavalleria alle democrazie di tutto il mondo (in primis alla nostra).

Colpisce in particolar modo scoprire che nei primi mesi della 110° legislatura, i senatori Obama e McCain hanno presentato congiuntamente una proposta di legge sul contenimento del Global Warming, un disegno che avrebbe impegnato gli USA a ridurre di 2/3 le emissioni serra entro il 2050. Colpisce tanto più se si riconosce la questione ambientale come uno dei temi in cui Democratici e Repubblicani presentano la più netta differenza di vedute. Forse alla luce di questo dato l’eccezionale affluenza appare meglio spiegata come un naturale rigurgito di insoddisfazione per il presidente uscente che non come sintomo di entusiasmo per la candidatura del neoeletto e conseguente richiamo alle armi dello schieramento a lui avverso.

Torniamo alla nostra bipartizione: quanto una figura come quella di Obama può assurgere a quel ruolo che il mondo invoca? In altre parole: un presidente afroamericano è, di per sé stesso, una conquista ed una prova di maturità per l’occidente?

Personalmente ritengo di si, per due ragioni:

- La figura di Obama non si discosta da un modello “manageriale” di reperimento e gestione del consenso: la sua è stata la campagna elettorale più costosa mai sostenuta; addirittura sul suo sito troverete tutto il suo catalogo di merchandising. Il che può voler dire che l’elettorato statunitense non rinnega i metodi politici tradizionalmente propri ma confida in una loro mera reinterpretazione. La componente misteriosa che divide “idealisti” e non, è in grado di richiamare gli elettori: ricchezza, questa, indiscutibile per ogni democrazia

- La società americana, e di conseguenza la politica di essa, è molto legata ai valori dell’integrità e della morale (si pensi alla pena di morte, considerata una vera e propria retribuzione morale nei confronti dell’individuo). La scelta elettorale, più che in altre esperienze moderne, si giustifica in un’ottica spesso slegata dal complesso di decisioni ed ispirata da un determinato modus di porsi e di intendere la funzione pubblica. Di conseguenza una candidatura innovativa e prorompente (e vincente) è sintomo di un ampliamento di vedute, di un rinnovamento culturale alla base, più progressista e pluralista.

In conclusione, la presidenza di Barack Obama, al di là delle prospettive (di ogni genere: dall’economia e alla sicurezza internazionale al clima) che può offrire, rappresenta una svolta, una rinfrescante frattura con il passato. Le parole di solennità a cui è uso, il superamento della mentalità del sacrificio dell’opportunità dei mezzi per il fine, l’accettazione di un ideale politico ed umano più alto: tutto questo oggi trova residenza a Washington. E, a differenza di prima, nessuno potrà definire “utopico” tale disegno: Obama sembra avere tutte le risorse per dare filo da torcere anche ai più scettici.

domenica 16 novembre 2008

IL MEZZOGIORNO E IL MEDITERRANEO


 

 Oggi abbiamo un ospite di riguardo. L'onorevole Gianni Pittella, europarlamentare del PD. La carriera politica di Pittella è costellata da battaglie a favore dell'Europa e del Mezzogiorno. La sua sensibilità per questi temi ci ha portato a chiedergli un intervento su questi temi. Ci ha risposto con questo mirabile pezzo sul sud e il mediterraneo, indicando delle soluzioni per rilanciare "l'asse Mezzogiorno-Mediterraneo", cosi ricco di potenzialità ma da sempre afflitto da atavici problemi.



Alfredo Reichlin  sulle colonne de "l'Unità" e Predrag Metvejevic su "Il Mattino" del 30 settembre hanno offerto un contributo di riflessione importante sui temi del Mezzogiorno e del Mediterraneo che mi auguro aprano finalmente un confronto di respiro politico e culturale slegato da una visione emergenziale.
L'analisi di Reichlin è un'istantanea impietosa e vera della condizione socio economica del Mezzogiorno (e mi chiedo cosa accadrà quando la stagflazione si trasformerà in recessione anche per l'effetto domino della tempesta finanziaria americana).
Ed è anche un autorevole richiamo ad una maggior attenzione, anche del Pd, alla durezza della crisi meridionale ed alla sua "crucialità" ai fini della ripresa del Paese. E Metvejevic scrive del Mediterraneo, mare trascurato e incapace di diventare progetto, e di un'Italia e di un'Europa che crescono fuori dalla loro culla. La mia opinione è che non esista una via di uscita credibile alla crisi del Mezzogiorno, senza che sia identificata una sua "funzione" utile all'Italia e preziosa all'Europa. E questa funzione è indissolubilmente legata al Mediterraneo. Del Mediterraneo il Mezzogiorno d'Italia può essere la piattaforma logistica. Il Governo italiano si faccia promotore di un Tavolo interistituzionale per il Mezzogiorno. Questa è la mia  proposta. Un Tavolo per il confronto tra i vari livelli istituzionali per varare un piano finalmente moderno e razionale per l'infrastrutturazione del meridione. Possiamo trasformare il Mezzogiorno in una grande piattaforma logistica del Mediterraneo intercettando le navi che provengono dall'Oriente e dall'Africa e che oggi fanno scalo in altri Paesi come la Spagna. Per fare questo è necessario rendere idonea la nostra rete a partire dal porto di Gioia Tauro, dall'intera rete portuale e infrastrutturale meridionale, a cominciare dall'alta velocità ferroviaria e soprattutto coinvolgere le Regioni e la deputazione italiana al Parlamento europeo per concentrare una parte delle risorse europee e nazionali su questo obiettivo.
Del Mediterraneo il Mezzogiorno può essere la piattaforma per lo sviluppo e la valorizzazione dell'energia da fonti alternative. Del Mediterraneo il Mezzogiorno può essere il motore progettuale nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico, della cooperazione, dell'Università del Mediterraneo.
Ricerca e sviluppo tecnologico rappresentano l'ombrello sotto il quale sviluppare prodotti e programmi destinati tanto a migliorare la sicurezza dei cittadini europei quanto a combattere i cambiamenti climatici. Funzionali a questi obiettivi sono i finanziamenti del Settimo Programma Quadro ed è bene ricordare che l'industria italiana ricopre posizioni di rilievo in settori di punta che vanno dalla sicurezza dei porti alle celle a combustibile, dai satelliti al trasporto aereo pulito, ambiti importanti considerato che la riduzione delle emissioni è legata anche allo sviluppo di energie alternative. Ma L'Europa sta "investendo" anche nella sicurezza e nell'ambiente, elementi centrali di uno dei grandi programmi tecnologici su cui punta l'UE per i prossimi anni: il GMES (Global Monitoring system for Environment and Security), un sistema concepito per fornire ai decisori europei le informazioni necessarie ad affrontare le crisi legate all'ambiente ed alla sicurezza con cui si dovrà confrontare l'Europa nei prossimi anni. Il contributo del GMES, nell'area mediterranea, può essere particolarmente importante laddove consideriamo i servizi legati all'ambiente marittimo. Catastrofi ambientali dovute ad eventi naturali, incidenti o azioni illegali richiedono un impegno condiviso da tutti i paesi dell'area.
Ma ci sono anche altre iniziative che potrebbero rilanciare l'asse Mezzogiorno-Mediterraneo come ad esempio:
- creare un fondo di investimenti per lo sviluppo del Mediterraneo a partire dal fondo apposito di cui è dotata la Bei;
- istituire un osservatorio delle popolazioni delle emigrazioni e della regolazione dei movimenti delle persone;
- favorire le cooperazioni trasversali al livello delle regioni e delle città (con) la creazione di un consiglio permanente delle regioni mediterranee, che sarebbe l'interlocutore privilegiato delle istituzioni europee;
- la creazione di un agenzia di formazione professionale per favorire una immigrazione qualificata attraverso un programma di formazione degli ingegneri e tecnici specializzati nelle energie rinnnovabili;
- creazione di un programma Erasmus mediterraneo, a termine, la creazione di una Università mediterranea a pieno titolo, che potrebbe svilupparsi più avanti anche in molte città del nord e del sud;
- istituire una federazione che riunisca le fondazioni culturali del mediterraneo.

Perché ciò si realizzi, tuttavia, occorrono tre condizioni:
- un'Europa che smetta di concentrare le sue azioni lungo l'asse est ovest e comprenda pienamente la sua "convinzione" nell'essere "mediterranea"
- una classe politica italiana che riconosca l'utilità del Mezzogiorno, il suo valore prezioso per l'intero Paese e per l'Europa, legato ad una funzione che svolge appunto nel Mediterraneo;
- una classe dirigente meridionale meno dedita alle faccende della cucina domestica e capace di misurarsi su una grande sfida. Su quest'ultimo punto io dico iniziamo da noi del Partito democratico.
La fondazione Italianieuropei e Mezzogiorno Europa aprendo una sede di lavoro comune a Napoli potranno certamente darci una mano per riportare il gusto del progetto, dell'elaborazione e della sfida su un terreno così decisivo per il Pd, per il Paese e per l'Europa.

venerdì 14 novembre 2008

Alitalia, un'altra porcheria Italiana




Oggi parliamo di Alitalia. Davide ci espone la sua opinione sul problema piloti



Vi voglio raccontare una storiella: nell'anno domini 2006, allorquando facevo parte di un team di giocatori di softair, frequentavo assiduamente un forum considerato il portale di riferimento per gli appassionati.

Fra i tanti giocatori che quotidianamente postavano ne ricordo in particolare uno che era famosissimo per le frequenti spese riguardanti nuovo e costosissimo materiale, che appena veniva acquistato era sottoposto a reportage fotografico ed annessa pubblicazione di un post sul forum.

Dopo mesi e mesi di sbavate su quei post, ad uno dei membri del forum venne la felice idea di chiedere a questo tizio che lavoro facesse, ipotizzando scherzosamente per lui un'attività di spaccio di stupefacenti!

Ebbene, il soggetto in questione era un pilota Alitalia, neanche un Comandante (grado per il quale se non erro ci vogliono almeno 20 anni di servizio); beandosi della sua ricchezza, confessò di guadagnare all'incirca 10.000 euro al mese netti, più bonus per straordinari che ogni tanto faceva ben volentieri visto che con i suoi viaggi intercontinentali poteva guadagnare e recarsi gratis nei paesi dove avrebbe acquistato il materiale di gioco, fra l'altro bypassando la dogana italiana; il tizio raccontò una vita beata, piena di tempo libero, e ringraziò il cielo di esser stato RACCOMANDATO per l'ingresso nella nostra compagnia di bandiera, che a sua detta paga gli stipendi più alti d'Europa.

Orbene, veniamo ad oggi.

Intensi scioperi, aereoporti bloccati, figure di merda con il mondo intero... I sindacati non c'entrano, hanno firmato... Sono i piloti a fare l'ira di Dio, la categoria che annovera fra le sue fila il protagonista del mio racconto.

Le ragioni della loro protesta sono l'insoddisfazione nei confronti del nuovo datore di lavoro, Roberto Colaninno, un imprenditore di modeste qualità secondo le loro attese (non sto qui a sciorinare curriculum, basti solo sapere che è uno che ha preso il gruppo Piaggio mentre era sull'orlo della catastrofe e l'ha reso uno dei migliori produttori mondiali, fra l'altro contrastando efficacemente l'ondata di scooter cinesi che ha invaso il mercato); i tagli e la fine degli sprechi li "mortifica come categoria"...

Io mi chiedo, e sarò banalissimo, ma me lo chiedo... Ma un operaio che guadagna 1000 euro al mese e a stento ci arriva a fine mese (o non ci arriva affatto), proporzionalmente a quella che è la protesta dei piloti cosa dovrebbe fare? Se chi guadagna 10 volte di più e si lamenta fa tutto ciò, chi guadagna 10 volte meno e lavora 1000 volte di più cosa dovrebbe fare?

Ad ogni modo, la domanda che mi faccio è la seguente: ma perchè non licenziano tutti quanti, bloccano la compagnia per 10 giorni e fanno nuove assunzioni?

Perchè i nuovi proprietari non tolgono la presunzione a questa casta e perchè i nuovi dirigenti non si tolgono la soddisfazione di far tornare strisciando quei piloti che ieri e oggi hanno messo in ginocchio il traffico aereo italiano?

E' un post di domande, l'ho notato...Non ho le risposte, ma spero che qualcuna di queste possa nascere dalle vostre riflessioni ed opinioni.

mercoledì 12 novembre 2008

Agognato squadrismo



Vincenzo D'Onofrio oggi parla delle torture avvenute nella scuola Diaz a Genova. Può un paese civile tollerare che alcuni suoi servitori attentino alla dignità della nazione con atti di inaudita ferocia?




La notizia del giorno, a mio modesto parere, è quella che oggi il sito di Repubblica ha pubblicato nella sezione di Genova: la prova che nella "notte della scuola Diaz" le famose bombe molotov furono portate all'interno dell'edificio da alcuni poliziotti. Ma cosa successe quella notte? Quella notte il buon nome dell'Italia fu infangato da alcuni suoi servitori. Alcuni degli uomini che dovevano difendere la nazione hanno maltrattato, picchiato, offeso e torturato deliberatamente dei ragazzi di diverse nazioni che erano lì a Genova per manifestare. Per giustificare i loro metodi hanno accusato quei ragazzi di essere tutti black block, di essere violenti, eversivi. Ma a cosa è dovuta tanta violenza? Difficile pensare che non c'entrino motivi ideologici. Perchè attaccare con tanta ferocia se non per "redimere e punire" quei ragazzi per le loro opinioni? Sia chiaro, nessuno diffende i violenti che, sicuramente, erano in quei giorni tra le file dei manifestanti. Ma è ingiustificabile il volume della reazione delle forze dell'ordine che non fecero distinguo e che picchiarono come in preda ad una misteriosa ira funesta. Cosa ancor più grave è il ruolo di questi violenti. Il ragazzino che affronta il rappresentante della legge con spergiuri e, in casi peggiori, con atti violenti si macchia di una grave colpa. Ma qual è la colpa di cui si macchiano le forze dell'ordine quando la loro violenza è ingiustificata e soprattutto sproporzionata? Una delle immagini più fastidiose a cui riesco a pensare è quella di un padre che picchia a sangue un figlio per una banale marachella e , da un punto di vista morale, è equiparabile a questo il gesto delle forze dell'ordine in questione. La responsabilità che questi uomini assumono nel vestire quelle divise impone una condotta e dei metodi innecepibili che quella maledetta notte furono persi tra manganellate e torture varie. Eppure in Italia questi atti non sono nuovi. Una strana voglia di squadrismo, a intervalli regolari, torna nelle strade e nelle piazze a percuotere chi non si rassegna ad esprimere un'idea che non si conformi con l'opinione di chi detiene il potere. Il caso di piazza Navona a Roma è un ottimo esempio ma forse lo sono ancor di più le parole di Francesco Cossiga che ha invitato la polizia ad aspettare un atto violento di qualche studente irresponsabile per sedare con la violenza l'intero movimento di protesta. Lo squadrismo a cui tanti agognano dovrebbe essere debellato ma non tanto negli atti quanto nei meandri del cervello e dell'anima di alcuni

Vincenzo D'Onofrio

martedì 11 novembre 2008

Che la disinformazione non vincoli il nostro giudizio!‏


Oggi scrive sul blog Giuseppe Arlacchi. Nel suo post affronta il problema dei media e del giustizialismo. L'argomento è serio: la mafia nelle istituzioni. Una delle cose più gravi che può capitare in uno stato civile. Ma se il mostro sbattutto in prima pagina fosse innocente? Siamo il paese dei politici corrotti dalla mafia ma non dimentichiamo che siamo anche il paese del caso Tortora


Il caso-Gioia Tauro, di recente accadimento (in breve: sindaco e vice-sindaco arrestati, così come il sindaco di Rosarno, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa), mette in luce ancora una volta un problema che, senza timore di essere smentito, oserei definire annoso, violento e razzista: la disinformazione (avete letto bene: DIS-informazione) giornalistica, mezzo micidiale atto a gettare fango sulle persone "colpite" dal "provvedimento" del giornalista (o giornalaio?) di turno. Vivere in una società "mediatica" come quella attuale determina infatti due fattori di rischio per la "verità": il potere di formare l'opinione pubblica viene conferito ai mass media; di conseguenza, tutto ciò che i mezzi di informazione non riportano ufficialmente non esiste.

Quante volte, leggendo o ascoltando alla radio una notizia che ci informa di collaborazioni più o meno strette tra politica e "mafie", abbiamo esclamato: "Che schifo!". Quante volte, di fronte a qualche arresto eccellente, si è detto: "Siamo nelle mani di gente disonesta". Espressioni sacrosante, provenienti dall'intimo più profondo, che chiunque, credo, abbia fatto più di una volta in vita sua.

Beh..col post odierno invito tutti quanti voi a prender "con le molle" quanto giornali, TV e radio sparano il più delle volte senza fondamento, nè senso di responsabilità. Nel caso in questione i tre capisaldi sui quali secondo la stampa (non è lecito sapere se anche secondo la procura, o meglio qualcosa si sa ma non in via ufficiale) si sarebbe basato l'arresto, non esistono o non esistono secondo quanto riportato. Dire a cuor leggero, facendo pure e semplici speculazioni e ricostruzione dei fatti "sui generis", che il sindaco di Gioia Tauro "fosse disponibile ad uniformare le scelte dell'ente Comune agli interessi della cosca Pxxxxxxli" fino a "far modificare il progetto dello svincolo dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria" è quanto di più grave ed infangante possa essere scritto verso una persona all'unanimità riconosciuta come onesta, responsabile e disponibile. La verità è un'altra ed è storicamente provata. Ma questo, chi legge i giornali o guarda il tg, non lo sa. Dire che l'avvocato Pxxxxxxli "lavorasse" per i due Comuni è, poi, quanto di meno reale si potesse scrivere: un conto è chiedere di poterlo fare (dopo aver ottenuto la relativa autorizzazione nientedimeno che dal Tribunale stesso!) altra cosa è collaborare attivamente, cosa che non è MAI accaduta ma che, ahimè, è così descritta da fiumi di inchiostro sporco. Dire che il Sindaco ha firmato l'atto col quale autorizzava questa "presunta collaborazione", poi, raggiunge l'apice della disinformazione: all'epoca del fatto l'Autorità in questione versava in gravissime condizioni di salute in un noto ospedale romano. Ma questo nessuno lo scrive, nessuno lo dice per radio o TV, e di conseguenza nessuno lo sa.

Il problema della disinformazione, ovviamente, coinvolge i più disparati settori della vita sociale (la politica in primis, e negli ultimi giorni ne abbiamo avuto una dimostrazione) e le tecniche di disinformazione sono molteplici e tutte pericolose: l'inserimento della notizia in un certo contesto piuttosto che in un altro, il titolo, addirittura il materiale fotografico ma sopratutto la decontestualizzazione storica, che nel caso di cui ho parlato è stata imbarazzante.

Con questo post non voglio certo screditare il lavoro di tanti giornalisti che quotidianamente raccolgono informazioni tentando di riprodurle nella maniera più coerente alla realtà. Chiudo, piuttosto, lanciando un appello al giornalista disonesto e al popolo lettore: a lei, giornalista, chiedo che non sia l'ideologia, la simpatia o l'antipatia, a guidarla nel suo lavoro di ricerca e informazione; e invito Lei, popolo, a non cadere con facilità nella trappola diabolica del giudizio disonorante ed irrispettoso.


domenica 9 novembre 2008

Obama did it: sarà la fine della gendarmeria mondiale?


Ci scrive Luca del blog politicamentescorretto85.blogspot.com. Possiamo definire Luca come un "infiltrato" nel nostro blog. Ci scrive, infatti, dal Canton Ticino. Visto che riteniamo importante guardare la realtà internazionale e di non soffermarci solo nei nostri confini, abbiamo chiesto al nostro "vicino svizzero" di darci qualche sua opinione. Tramite la sua visuale "conservatrice" ci illustra come la vittoria di Obama negli Stati Uniti è vista di buon occhio anche da parte della destra europea


Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America, il 44° della serie. Una netta maggioranza l'ha eletto a questa carica martedì scorso. Obama ha promesso grandi cambiamenti, sia in politica interna che in politica estera. Anche in Europa la destra, e parlo della destra vera non del pavido centro-destra borghese, ha guardato di buon occhio l'elezione del candidato democratico. Non ne ha fatta una questione di colore della pelle la destra, non ha sostenuto Obama solo perché nero come si è fatto negli ambienti della sinistra antirazzista, l'ha sostenuto perché era il candidato in grado di portare un cambiamento. L'elezione di Mc Cain, che pure aveva preso le distanze da Bush e dalla sua amministrazione, avrebbe cambiato poco sul piano internazionale. La gendarmeria mondiale avrebbe continuato a fare il suo corso, l'imperialismo americano, le guerre per interessi privati camuffate da guerre liberatrici ed esportatrici di democrazia sarebbero continuate senza cambiare di una virgola. Obama può cambiare le cose: resta da vedere se ne avrà il coraggio. Resta da vedere se le potenti lobby americane lo lasceranno libero di agire.
Certo, anche se per grazia ricevuta Obama sarà libero di agire, non è che dall'oggi al domani le cose cambieranno in modo radicale: l'America resta sempre l'America, l'estremismo liberista, il cancro consumista, gli hamburger dei Mc Donald's e i caffé degli Starbucks continueranno a farla da padrone. Ecco perché trovo ridicolo vedere sinistri personaggi festeggiare la vittoria di Obama come se egli fosse il Messia e l'America fosse diventata il paradiso. Ricordiamoci che questi stessi personaggi fino a ieri consideravano l'America l'impero del male. Meglio mantenere un profilo basso e un cauto ottimismo e aspettare le riforme della sanità americana, il taglio delle imposte per le fasce deboli della popolazione, il disimpegno entro 16 mesi dall'Iraq, la ricerca di fonti alternative di energia, la fine della dipendenza dal petrolio.

venerdì 7 novembre 2008

Opposizione e illusionismo


Vincenzo D'Onofrio nel suo articolo illustra gli effetti delle manifestazioni dei giorni passati


Stiamo assistendo ad un periodo di particolare fervore politico. Le manifestazioni si susseguono tra proteste per la Riforma Gelmini e quelle contro l'operato del governo. L'opposizione mai come in questi giorni sembra presente anche se deve molto "all'onda anomala" di studenti che si è ritrovata a cavalcare, probabilmente, nemmeno a pieno titolo e a quello che succede dall'altra parte dell'oceano. Quello che è chiaro è il dissenso di buona parte della società da alcuni provvedimenti di questo governo e il rischio per il medesimo di far entrare, nel pentolone mediatico, altri argomenti che riteneva al sicuro da critiche. Nei giorni passati la notizia che il chiacchieratissimo "salva manager, che aveva indignato l'opinione pubblica (incredibile!!!) e portato Tremonti a minacciare le sue dimissioni, è rientrato, tra il silenzio della maggioranza, in un altro decreto legge. Le contestazioni di questi giorni rischiano di far aprire gli occhi a troppa gente e il fastidio della maggioranza è palese: i fatti di piazza Navona e le accuse ai membri dei centri sociali, il premier che definisce "facinorosi" gli studenti che hanno manifestato e manifesteranno contro il decreto Gelmini (in realtà la protesta, tranne poche eccezioni, è stata pacifica e condivisa tra studenti di entrambe le fazioni), le accuse alla sinistra di "plagiare" milioni di persone grazie soprattutto alla stampa (!!!). Queste parole, per lo più inaccettabili, fino a poche settimane fa sarebbero risultate attendibili. Berlusconi che afferma di essere vittima di un complotto mediatico, in Italia, può essere creduto. In una trasmissione televisiva, in passato, affermò che la sinistra deteneva il potere sui giornali, sulle università, sulle scuole superiori(!) e sulle televisioni(!!!). Il problema è che una buona parte degli Italiani hanno creduto alle sue parole o sono capaci di crederci. Che sia questo il potere mediatico? Sconvolgere la realtà tanto da far credere al cittadino il contrario di ciò che succede? E come potrà difendersi questa nazione dai suoi guai se il suo popolo questi guai non li vede o li crede risolti? Ieri la terribile gaffe sull'abbronzatura di Barack Obama ha "colpito" i giornali di tutto il mondo, in Italia è stata l'ennessima battuta innocente del gioviale Silvio. Il dubbio resta e per questo le manifestazioni diventano un mezzo necessario per schiaffeggiare l'addormentata opinione pubblica nazionale. Un'opinione pubblica che sembra sempre di più il popolo di quella favola dove c'era un re nudo che sfilava per le strade convinto di essere coperto da un meraviglioso vestito e con lui tutto il popolo. Il problema è che in Italia se qualche bambino si azzarda a gridare: "Guardate, il re è nudo" rischia di essere deriso e di essere invitato a rivestirsi e a non girare in mutande

mercoledì 5 novembre 2008

Italia: la non democrazia e la non legalità. Breve analisi di un sistema al collasso.

Niccolò Manco analizza in pochi punti il rapporto tra Italia e legalità.


1. Attraverso l'abuso della decretazione d'urgenza, i Governi hanno di fatto espropriato il potere legislativo del Parlamento. Nonostante il fatto che la costituzione lo preveda come strumento solo per situazioni eccezionali, nella prassi del nostro paese ha assunto il ruolo di via ordinaria e privilegiata di legislazione. Nella XV legislatura (2006-2008) le leggi di iniziativa governativa sono state l'88% del totale, mentre nella XIV legislatura (2001-2006) il 78%. Non è più il Parlamento a fare le leggi, ma il Governo, con buona pace del principio di divisione dei poteri. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato: «E' mia intenzione procedere con un decreto legge su ogni materia che riterrò necessaria, anche imponendo al Parlamento di approvarlo».

2. Dall'introduzione nell'ordinamento italiano del referendum (avvenuta soltanto nel 1970, con oltre vent'anni di ritardo rispetto all'approvazione della Costituzione che lo prevedeva) all'ultima consultazione referendaria nazionale (2005) sono stati promossi ben 137 referendum; la Corte Costituzionale ne ha bocciati 67 attraverso la creazione di una giurisprudenza ritenuta da molti non coincidente con il dettato costituzionale e a difesa degli interessi costituiti. Su 59 quesiti votati dagli elettori, 42 hanno visto la vittoria del "sì", ma soltanto 19 di questi referendum sono risultati validi, perché 24 non hanno raggiunto il quorum dei votanti previsto dalla legge (50% + 1 degli aventi diritto) a causa di campagne astensioniste condotte dai maggiori partiti politici. Ben 5 referendum vinti sono poi stati traditi dal Parlamento con l'approvazione di leggi in contrasto con la volontà espressa dai cittadini.

3. Da mesi il Parlamento non elegge il presidente della Commissione di vigilanza sulla RAI, un organo di garanzia fondamentale previsto dalla legge; per un anno e mezzo ha omesso di eleggere un giudice della Corte costituzionale, facendo mancare il plenum del giudice supremo, e influendo così indebitamente sulla formazione della volontà della Corte e sul suo corretto funzionamento.

4. Sono 9 milioni i processi attualmente pendenti. Il tempo medio per ottenere giustizia è di sei anni per i processi penali e di otto anni per i civili. Solo nel 2007, su 144.047 prescrizioni, ben 116.207 sono state definite in fase di indagine preliminare, ossia senza alcun esercizio dell'azione penale da parte dei Pubblici Ministeri. Come afferma il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Alvaro Gil-Robles nel rapporto sulla sua visita in Italia del giugno 2005, «circa il 30% della popolazione italiana è in attesa di una decisione giudiziaria».

5. In occasione delle elezioni regionali del 2000, delle europee del 2004 e di nuovo delle regionali del 2005 si sono verificate serie violazioni della legge per quanto riguarda la raccolta delle firme per la presentazione delle liste elettorali. Commentando lo scandalo di interi elenchi di falsi firmatari esploso alla regionali del 2005, il settimanale britannico The Economist ha scritto: «La campagna ha mostrato non solo un'allarmante indifferenza nei confronti della legge da parte di entrambi gli schieramenti, ma anche un sistema giudiziario che quasi provoca sdegno - viziato da una legislazione inapplicabile, disonestà leguleia e una indistinta separazione tra il giudiziario e l'esecutivo».

6. Secondo i dati diffusi dall'Alto commissariato anticorruzione, nel biennio 2006-2007 sono stati denunciati in Italia 6752 dipendenti della pubblica amministrazione per corruzione, truffa e illeciti amministrativi, la metà dei quali nel solo settore sanitario: secondo il direttore dell'Alto Commissariato, si tratta di dati che superano perfino i livelli raggiunti all'epoca Tangentopoli.

7. Secondo i dati diffusi dall'Agenzia delle Entrate l'evasione fiscale ha raggiunto quasi un quinto del prodotto interno lordo (precisamente il 19,2% del Pil).

8. Alla fine del 2005 (ultimi dati disponibili Istat) su un totale di 24 milioni di lavoratori, 2 milioni e 951mila risultavano in nero e nel 2006 (ultimi dati disponibili) il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso economico era compreso tra un minimo del 15,3% del Pil (pari a circa 227 miliardi di euro) e un massimo del 16,9% (circa 250 miliardi di euro).

Secondo il rapporto Transparency International il grado di legalità in Italia per il 2008 si assesta ai medesimi livelli delle Seychelles (55° posto).

lunedì 3 novembre 2008

Una nuova e piu' moderna forma di protesta

La riflessione di Giuseppe Campagna invita a guardare i fatti di questi giorni sotto una luce diversa e sprona a ricercare nel dialogo la via maestra da seguire in futuro


Le grandi conquiste sono sempre quelle ottenute nei momenti di insperato ed inatteso successo!
Le gesta di magnifica imponenza sociale sono sempre quelle compiute in periodi di grossa difficolta'quando impensabile appare la loro effettiva realizzazione!
Le epocali trasformazioni culturali avvengono sempre e soltanto dopo anni di gestazione in contesti solo apparentemente pronti ad accoglierne i risvolti ed i nuovi scenari cosi' offerti: benche' la collettivita', rispondendo all'istanza sociale, gia' da tempo si apprestasse al cambiamento tanto sperato prodigandosi a facilitarne la sua fioritura, in vero riuscira' a veder concretamente la prima sua apparizione quando ormai impazienza per l'attesa e vivide speranze quasi sembrano tramutarsi in rassegnazione per un'incredibile disfatta!
Troppo, fin troppo facile, riduttivo e scontato pensare che gli obiettivi prefissati e oltremodo agognati, possano infatti trovare messa in opera tangibile e fruttifera proprio durante le contingenze in cui essi sono a gran voce reclamati!! Il sistema vissuto, quello ben lontano dalla vita descritta dalle fiabe piuttosto che dalle scene pedissequamente riproposte dagli artifici mediatici, e' soggetto a regole ben poco popense all'esser piegate per far fronte ad esigenze immanenti. La vita, quella vera, cio' che puo' e deve chiamarsi "sistema", presuppone per il suo divenire e proseguio nel tempo, dictat impietosamente poco benevoli ed accondiscendenti!! Leggi dure, aspre!! Rari, rarissimi gli episodi di un'immediata risposta ai problemi del momento. Parodia dell'esistenza che tutti ci auguriamo di vivere?...Beh, forse si!!...O forse, piu' semplicemente, immancabile scotto da pagare ad un destino che vuole l'individuo, padrone delle vite dei suoi simili; artefice e giudice delle proprie e delle altrui fortune!
...E' semplicemente la Vita. Quella vera!!
Se si ha impellente bisogno di nuova linfa, di nuove idee, di nuovi "strumenti" e' e sara' necessaria la giusta (che per i piu' potrebbe anche esser aggettivata in senso opposto) attesa!
Si invoca in questi ultimissimi giorni un cambiamento...IL cambiamento!! E' possibile scorgere in piu' direzioni la bramosia di svolte repentine; la richiesta di nuovi istituti, di riforme che presupporrebbero ovviamente differenti pensieri, diverse sensibilita' politiche e sociali!!
Bisognerebbe comprendere che per esaudire le richieste, e' indispensabile che i "gentili benefattori" si adoperino in vera e propria opera di modificazione della scala dei valori e delle priorita' collettive! Impossibile chiedere in dono caramelle, se poi la vecchia befana conserva nel suo sacco solo e soltanto carbone;...e affinche' alla prossima sua visita, possa finalmente concedere a tutti noi fanciulli le leccornie tanto sperate, indispensabile e' suggerirle che, fortunatamente, esistono negozi di dolciumi, ma ancor prima, ancora piu' basilare risulta convincerla che far ingresso in pasticceria non configura assolutamente reato e che, anzi, li' sara' possibile scoprire un mondo che, precedentemente sconosciuto, risulta esser affascinante e inaspettatamente salubre!!!
Pertanto, concepisco come inutile e inesorabile perdita di tempo la sola e semplice protesta, anche accesa, infervorata (legittima e comprensibilissima fin quando esula dall'identificarsi come scontro fisico) in scena un po' ovunque nelle piazze del Bel Paese!!
Sostengo che schiamazzi e giuste rivendicazioni lasciano il tempo che trovano se non trovano fondamento in discussioni costruttive in aule ove, accanto agli studenti inferociti e ai docenti attoniti e vituperati, possano e debbano trovar posto soprattutto gli Amministratori della Cosa Pubblica! Aule senza banchi di contro la cattedra austera: aule in cui non vi siano differenziazioni di status. Tutti seduti diligentemente attorno ad un unico grande tavolo rotondo!! Una Camelot dei giorni odierni!!
Solo in questo modo sara' possibile impartire lezioni costruttive a tutti i presenti! ...I nostri Babbo Natale, che anzicche' spostarsi in slitta viaggiano scortati in auto blue, riuscirebbero (si spera) a rivedere le proprie convinzioni; a cambiare le priorita'; a ricredersi e a pensare che probabilmente molte delle convinzioni che li accompagnano allontanandoli dalle realta' spicciole di milioni di elettori possono esser anche antitetiche all'istanza sociale!
Mai si smette di imparare...e questa grande verita' non puo' non valer anche per figure che affollano le stanze di Palazzo Chigi o quelle in cui Onorevoli Rappresentanti di un popolo sempre piu' povero (di speranze e... non solo!) e sempre piu' affamato (di giustizia, meritocrazia e...non solo!) molto spesso bivaccano intenti a coltivare legami e simpatie di alto e prestigiosissimo salotto buono!
Basta quindi con urla, schiamazzi, pretese bieche e slogan di intolleranza e di insofferenza verso un sistema che non si e' in grado di riconoscer come proprio! Basta! Non hanno senso alcuno, ne giammai condurranno verso le mete sperate, se non prima ci si adopera a instaurare una sana e seria fitta rete di scambi ideologici/politici tra la cittadinanza e coloro che da quest' ultima sono stati premiati con l'incarico di portar in sede parlamentare la voce e la volonta' collettiva! Errato sostenere che proprio in piazza, la voce generale della folla contestatrice suggerisce, ai poco dotti Signori nostri amministratori, le sensazioni, le speranze, le esigenze impellenti della Nazione: confusione e baraonda, schiamazzi e striscioni da stadio di gente assorta alla causa della manifestazione (quasi sempre, a parer mio, spinta e sostenuta da ben precise porzioni sociali ben identificabili sotto il vessillo di bandiere politiche) solo se sfocianti in vere e piu' serie e pericolose rivolte sociali, come dimostra la storia non solamente nostrana dell'ultimo 50ennio, sono in grado di regalare i risultati bramati. Ma, mi chiedo, possiamo oggi, nuovamente riaprire una piaga mai appieno rimarginata nel tempo e sempre presente nei ricordi sofferenti di un Paese faticosamente risollevatosi per procedere lungo il sentiero della piu' moderna civilta'? No! La risposta non puo' e non deve esser se non negativa!! Nemmeno voglio immaginare il riproporsi di scene che per anni le televisioni italiane dei primi anni 70 puntualmente presentavano per accompagnare l'apertura di notiziari o per pubblicizzare articoli, saggi documentari e libri dedicati alla lotta politica e/o studentesca!
Il sentiero della modernita' che da tempo vede il Tricolore suo fedele ed attento viandante, non puo' e non deve prevedere tra le sue possibili opzioni, quella dell'uso della forza! L'unica vera arma di cui la collettivita' puo' munirsi e' solo il dialogo, il confronto dialettico!...Arma questa ben piu' tagliente di qualsivoglia lama; ben piu' letale di qualunque altro obice!
Certo...Bisogna far presto! E' necessario che ci si segga intorno a quel tavolo senza angoli il prima possibile! Non bisogna perder tempo! Non possiamo permetter che l'inerzia o, peggio, l'indifferenza cronica e la superficialita' abbiano il sopravvento sulle buone intenzioni. Il tempo e' preziso, proprio come il pane che in questi ultimi tempi, sempre di piu' inizia ad esser miraggio per molte, troppe famiglie in difficolta'!
Coraggio! Che ci si armi solo di buoni propositi, di pensieri e di grande propensione al confronto sereno e costruttivo!
E che lo si faccia in fretta. Lunga la strada verso il connubio tra le richieste popolari di nuovi strumenti legislativi e nuovi istituti e le concessioni degli stessi! Mai adagiarsi un solo istante!! Mai interrompere il tragitto: ci si rifocillera' a tempo debito, e in quella stessa occasione si potra' festeggiare l'avvenuto sposalizio!
Solerzia; costanza; speranza. Questi i tre ingredienti per una piu' giusta e nuova forma di protesta. Il male peggiore, per una Italia gia' piegata dai macigni di miseria economica e sociale galoppanti, sarebbe la contaminazione di germi di anacronisticamemoria!
Ci si affretti ad intarsiare il totem del dialogo. Mai perdendo di vista che ci si accingera' a preparare questa grandiosa scultura in un mondo alieno a quello raccontato nelle favole! Il monumento dovra' ergersi in un universo in cui miti, orchi, fate e streghe non dovranno trovare posto: sontuoso, si elevera' nella Vita! Quella vera!! Qui non c'e' spazio perche per l'uomo e per le sue regole. Quelle regole troppo spesso molto rigide, dure e che mal conciliano con l'esigenza di presentare risoluzioni pronte ed immediate per garantire risposta subitanea a impellenze contingenti! E' questa una grande quanto amara verita'! Una norma non scritta a capo delle vicende umane: lo insegna la storia!
Nessuna grande conquista ne' magnifiche gesta; nessuna trasformazione epocale...Nulla!
Nulla trova nell'immediato profondo baratro oscuro del bisogno, una altrettanto immediata luce di speranzosa risposta risolutiva dei problemi dilaganti.

Giuseppe Campagna.