domenica 21 dicembre 2008

QUANDO L’OPINIONE SUPERA IL FATTO






Nuova riflessione di Marco Piccoli sulla politica italiana




E’ un fenomeno agevolmente riscontrabile ad ogni livello.

Credendo (da persona, come si dice, “di sinistra”, e dovendo in quanto tale, in questa sede, tributare per il mio allineamento il rispetto all’ordine di interventi deciso da chi di dovere) che la “politica”, in un’accezione generica, venga fatta, per l’appunto, ad ogni livello, il fenomeno in questione assume allo stesso tempo il connotato di sintomo e di sindrome.

Il fenomeno di cui sto parlando lo si potrebbe definire “formalismo cognitivo”: un pericoloso meccanismo per il quale la percezione delle cose finisce per sostituirsi allo statuto ontologico delle stesse. Nell’immaginario comune da sempre la politica è lo scenario perfetto per la proliferazione delle menzogne e della demagogia.

A mio modo di vedere oggi è riscontrabile qualcosa di leggermente diverso.

Le convenzioni linguistiche, che non costituiscono solo un’imprescindibile strumento di comunicazione, ma anche e soprattutto un espediente interpretativo, oggi paiono trascinate in una spirale di manipolazione autoreferenziale.

Si badi: non parlo di “mistificazioni” delle realtà; l’era delle bugie a scopi elettorali ha fatto il suo corso, vittoriosa. Ciò che mi preme di denunciare è piuttosto una prassi per la quale le singole interpretazioni dei fatti obliterano il fatto stesso, rendendolo qualcosa di più complesso di un semplice accadimento, e precisamente una tessera ad uso e consumo del mosaico di chi riesce ad accaparrarsela con maggiore velocità.

Di pari passo con la tendenza, di cui si è largamente discorso in “Principi di laicità scientifica” (vedi sotto), ad inserire forzosamente ogni opinione nel novero di quelle “sintomatiche”di una mentalità generale ed aprioristica (o ideologica), che va sempre sotto il nome di qualche “-ismo”, questa prassi linguistica ha sfregiato una sana idea di dialogo, facendo sfociare quella che in tempi antichi era detta retorica (rethorike teknè = arte del discorrere) in eristica (arte del battagliare a parole).

Si può attingere alla sconfinata riserva di esempi che i media ci offrono in ogni momento. Ultimamente nel Partito Democratico è scoppiata la “questione morale”: notate come la connotazione usata ottemperi magnificamente allo scopo prefissole; la “questione” come elemento genetico che dapprima sopito esplode con la sua aggressività rendendo necessarie delle contromisure. A nulla valgono nello specifico delle considerazioni così fredde e asettiche come quelle di una quasi - scienza detta “statistica”: in virtù della quale un partito con circa 700.000 tesserati ed innumerevoli amministratori sparsi lungo la spina dorsale della macchina burocratica tende per forza di cose a lasciarsi sfuggire più di un partito piccolo eventuali “mele marce”.

Certo parlare di una “questione” paga il dazio al sensazionalismo tutto italiano. E’ un’altra libbra di carne offerta ad un elettorato famelico e volubile.

Ma tant’è. Nel momento in cui una dicitura od un’espressione fanno breccia nei talk-show o nelle nostre conversazioni private ecco reso vano ogni tentativo di una riconsiderazione dei fatti stessi, tale è l’aggressività e la natura deontologica di tali espressioni. Come predicato spesso, ritengo che un miglioramento della qualità della nostra politica (non solo della classe dirigente, ma del nostro stesso, quotidiano, modo di misurarci con gli avvenimenti istituzionali, col mutare delle regole e delle consuetudini) passi necessariamente per una riconsiderazioni del linguaggio e delle categorie logiche utilizzate.

Senza una maturazione in questo senso, quel cieco scontro ideologico che ornava lo sfondo degli anni di piombo e della guerra fredda potrebbe ripresentarsi in altre, imprevedibili vesti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come un vecchio genitore che è finito fuori tempo ed è anche un po arteriosclerotico ..la nostra politica parla per sperare di avere " voce". I cittadini , come singoli individui, hanno l'unico dovere di cercare di costruire nuovi schemi sociali, schemi più naturali e sani mentre il mondo politico, come tanti vecchi aristocratici, seguita a parlare di se stesso e dei propri preziosismi. -non è al servizio dei cittadini cui prende abbondanti soldi ed a cui toglie anche il diritto di riorganizzarsi