domenica 11 aprile 2010

Il Presidente e la sua penna




Riflessione di Vincenzo D'Onofrio sul Presidente della Repubblica



La figura di Giorgio Napolitano è fonte continua di riflessioni. Dobbiamo sottolineare il suo essere successore di uno dei migliori presidenti della storia della Repubblica che non ha mai fatto compromessi tra le sue idee e i suoi doveri istituzionali. Ciampi, infatti, con la sua autorevolezza è riuscito a farsi amare (e sottolineo amare) da gli elettori di entrambi gli schieramenti. Dove Napolitano ha fallito per non essere ritenuto allo stesso livello del presidente livornese? Probabilmente in una caparbia interpretazione del suo ruolo quale "metti firma". Napolitano ha letto il suo ruolo di garante in maniera da renderlo il meno presente possibile. Forse ha preso troppo alla lettera quello che si dice per un arbitro di calcio: il migliore arbitro è quello di cui non ci si accorge. Ahimè, però, non stiamo parlando di una partita di calcio e il ruolo istituzionale che ricopre dovrebbe garantire una presenza continua per la difesa dei diritti costituzionali e che il suo giudizio sulle varie leggi non sia superficiale ma che sia conseguenza di un attenta e profonda verifica delle probabili conseguenze nella nazione delle norme a lui sottoposte. Per questo motivo non è un delitto non firmare ogni tanto le leggi che sono, a suo parere, non degne del suo autografo. Proprio come ha fatto spesso Ciampi e come lui ha fatto solo ultimamente con l'articolo 18. Il non firmare vuol dire mettere in chiaro il suo non essere d'accordo. Se ritiene il presidente una legge non giusta non può giustificarsi con un "ma poi me la rimandano uguale" davvero banale e di cattivo gusto. Faccia, sempre se lo riterrà in futuro, quello che la costituzione permette di fare e se le norme a lui sottoposte non saranno, a suo parere, chiare, giuste o quant'altro che lasci la sua preziosa e costosa penna delicatamente poggiata sulla sua scrivania in mogano.

Vincenzo D'Onofrio

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