mercoledì 3 marzo 2010

Io non capisco

Ultimo pezzo di Marco Galice


C’è un romanzo di Aldo Palazzeschi, intitolato “Il codice di Perelà”, in cui il protagonista, un omino ingenuo e onesto, si ritrova catapultato sulla terra e comincia a conoscere questo mondo a lui sconosciuto ma apparentemente affascinante. Le ingiustizie, le assurdità e le regole infrante che a poco a poco scopre, lo portano infine a fuggire di gran lena tra gli insulti e gli sputi della folla. Dopo la sentenza sul caso Mills, culmine degli accadimenti politici delle ultime settimane, ho avuto la sensazione di ritrovarmi immerso in quel mondo assurdo in cui viene calato il Sig. Perelà, nel quale ragione, raziocinio e buon senso vanno letteralmente in frantumi. Intanto la surrealtà di quanto sentenziato dalla Corte di Cassazione, che tra l’altro non ha fatto altro che applicare la legge: il reato di corruzione, per essere punito, doveva cominciare nel 1999 e non nel 2000, pertanto l’accusa a carico dell’avvocato Mills cade in prescrizione. Chi è che lo ha deciso? Il Governo presieduto dalla persona indicata come corruttore dell’avvocato, che approvò nel 2005 la famosa legge Cirielli con cui si riducevano appunto e assai casualmente i tempi della prescrizione. Però, dal momento che il reato è stato commesso, il reo, ovvero l’avvocato Mills, deve comunque risarcire 250.000 euro per danno d’immagine. A chi? Alla Presidenza del Consiglio italiano, presieduta dalla stessa persona indicata dalla sentenza come corruttore, cioè Silvio Berlusconi. E’ uno scherzo? Una barzelletta? No, è la realtà; tuttavia e paradossalmente meno surreale dei commenti trionfali di due curiosi personaggi della politica italiana dopo la sentenza: il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto (ex piduista), e il Ministro della Difesa Ignazio La Russa. “Il minimo che si può dire è che la gestione di rito ambrosiano della giustizia è andata incontro ad una dura sconfitta” ha detto Cicchitto; “Volevano tenere in vita un processo morto”, gli ha fatto eco La Russa. In pratica, di fronte ad una sentenza definitiva che conferma la corruzione di Mills e l’esistenza di un corruttore, che probabilmente conoscono, i due esimi esponenti del Pdl sono stati capaci di sorvolare completamente sulla gravità accertata del reato per deplorare chi ha cercato di punire un reato e applicare la giustizia. E’ uno scherzo anche questo? Purtroppo no. Anche perché il copione si è già visto quattro volte in passato quando la prescrizione dei reati ha evitato la condanna a Silvio Berlusconi grazie a leggi da lui stesso promosse e approvate: la corruzione con soldi Fininvest di un giudice (nel lodo Mondadori), l’illecito finanziamento di un partito nel caso All Iberian, il falso nei bilanci Fininvest e nell’acquisto del calciatore Lentini. Quisquilie. I commenti alla sentenza Mills comunque non devono stupire più di tanto, perché epilogo evidentemente fomentato di singolari concezioni della giustizia e della corruzione sfornate a più riprese in queste settimane dallo stesso Berlusconi. In primo luogo quando scoppia lo scandalo del G8 alla Maddalena che porta a scoprire corruzione su appalti milionari con cifre da brividi e contorni stomachevoli (regali, regalini, assunzioni, case, macchine, massaggi ecc. ecc). “E una vergogna” il commento virulento e indignato del premier alla diffusione della notizia e dei primi arresti. Una vergogna la corruzione scoperta? No, una vergogna l’inchiesta dei giudici, che si sono permessi di ficcare il naso in questa squallida vicenda. Evidentemente però un po’ di corruzione, nonostante le invenzioni dei noti magistrati comunisti sparsi per i Tribunali italiani, ci deve essere nel nostro Belpaese (non a caso l’assessore ai lavori pubblici Pdl di Milano viene beccato con una tangente di 5.000 euro nascosta in un pacchetto di sigarette); perché infatti, forse spaventato dai sondaggi in vista delle elezioni regionali, e dopo aver definito una vergogna le indagini sulla corruzione del G8 alla Maddalena, Berlusconi decide di ergersi a moralizzatore della vita politica italiana con due annunci ad effetto: nessuna persona indagata nelle liste elettorali del Pdl nella tornata elettorale del 28-29 marzo e un Ddl anticorruzione da approvare in fretta e furia. E’ uno scherzo anche questo? Nel Parlamento siedono già decine e decine di Deputati e Senatori condannati, prescritti, indagati, imputati o rinviati a giudizio; solo nel Pdl, secondo le stime di Marco Travaglio e Peter Gomez sono esattamente 56, molti di loro proprio per reati legati alla corruzione, candidati e poi eletti su iniziativa dello stesso Berlusconi. E’ possibile capirci qualcosa? Anche perché contemporaneamente, in tutta questa campagna moralizzatrice e anti corruzione del premier, il Sottosegretario Nicola Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, presenta le sue dimissioni al Presidente del Consiglio che però le rifiuta. Una burla anche questa, sicuramente… Come l’ultima sortita di Berlusconi sulle intercettazioni telefoniche; quell’orribile strumento che ha permesso ad esempio di scoperchiare la corruzione legata al G8 della Maddalena e, tra le altre cose, di far sapere agli abruzzesi che mentre le loro case crollavano sotto le scosse del terremoto e a decine morivano sotto la macerie, un imprenditore si sganasciava dalle risate al pensiero dei soldi guadagnati con la ricostruzione. “Una vergogna” e “un sistema barbaro” anche le intercettazioni, ha tuonato furente anche stavolta il premier. Si potrebbe continuare con altre surreali situazioni, ma queste mi appaiono già abbastanza per non farmi più capire il Paese in cui viviamo. Rintracciare un briciolo di sensatezza e razionalità in tutto quello che sta accadendo appare davvero un’operazione temeraria anche per l’Astolfo di ariostesca memoria; molto più semplice forse ritrovare il senno perduto di Orlando. E così mi rimane una sensazione inquietante: anche gli italiani onesti e che reclamano giustizia finiranno prima o poi come il Signor Perelà?

Marco Galice

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