giovedì 4 dicembre 2008
Emigrazione
Giuseppe Arlacchi oggi parla di emigrazione. Questo problema è messo un po' in secondo piano dal problema contrario: l'immigrazione. L'Italia però non può permettersi di sottovalutare l'emigrazione che ormai, da più di un secolo, sempre sotto forme diverse, caratterizza questo paese. Arlacchi, che possiamo definire di destra, fa una analisi condivisibile ed oggettiva
Parlare ancora oggi, nel 2008, di emigrazione non e’ affatto anacronistico: il tema dell’emigrazione rimane infatti estremamente attuale anche a fronte del dilagare del suo “alter ego”, l’immigrazione. Oggi, dopo più di centocinquanta anni, l'emigrazione continua pur se nel suo naturale cambiamento a far partire, soprattutto dai paesi del Sud, migliaia di giovani speranzosi di trovar lavoro nella nuova Europa, oltreoceano o semplicemente al nord Italia. Oggi, infatti, fermo restando che i flussi in uscita dall’Italia si sono sensibilmente ridotti rispetto agli anni Settanta (l’ultimo periodo di una certa rilevanza per l’emigrazione tradizionale), ancora 50.000 giovani, in media, abbandonano il Bel Paese ogni anno.
Ma, trascorso ormai quasi un secolo dal boom di emigrazioni dovute alla ricerca del “sogno” americano, qualcosa e’ cambiato nella mentalita’, nella concezione, ma soprattutto nella necessita’ dell’emigrato?
Allora partivano grandi navi, da porti “storici” come Palermo, Napoli, Genova, con la speranza in chi vi “abitava” lungo la traversata, di vivere dignitosamente, costruire un futuro sereno per se’ e per i propri figli; e con la speranza, ultima a morire, di non soffrire la lontananza dalle proprie terre, dai propri cari. L’emigrazione italiana aveva conosciuto, decenni fa, flussi migratori cosi’ intensi e cosi’ variegati per provenienza territoriale e sociale, da rappresentare nel mondo uno dei tratti piu’ peculiari e caratteristici del Paese.
Oggi sono cambiati i mezzi (l’aereo o il treno sono mezzi un po’ piu’ comodi di allora), gli obiettivi professionali (gli emigranti di oggi sono giovani in possesso di titoli di studio di grado elevato e qualifiche professionali di alto livello, non parte solo la manodopera operaia o i futuri ristoratori), ma identica e’ rimasta la necessita’ di dover cercare “fortuna” in una realta’ socio/politica lontana dalla terra d’origine. Ed e’ questo l’aspetto piu’ preoccupante della vicenda: la continuita’ del fenomeno migratorio nel corso dei decenni denota la drammatica situazione nella quale l’amato Sud continua a versare, senza che la classe politica si impegni in alcun modo a porre un freno alla decadenza. Gia’, perche’ il fenomeno delle emigrazioni non puo’ che andare di pari passo con le vicende politiche dei nostri Governi…. incapaci di stare al passo con le immense capacita’ che il lavoratore sud-italiano (duro, tenace, che non si stanca mai) ha da sempre saputo esprimere nei piu’ disparati settori dell’agire umano.
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